Coralità

Cosa significa coralità?
Innanzitutto "fare" coro. Bella scoperta, no? Eppure, il punto centrale è questo "FARE". Ciò implica un processo fisico-socio-tecnico-spirituale che culmina -quando, ovviamente, riesce a dimostrarsi- nell'esecuzione. Bene, acclarato questo, imbarchiamoci in un breve ragionamento.
L'Uomo (maschio o femmina che sia) resta l'essere prettamente sociale che il Creatore ha stabilito sin dai tempi precedenti la mefitica mela. A questo fa da supporto il bisogno, anzi la necessità della Comunicazione, al giorno d'oggi autentica ossessione vitalistica; comunicazione non implica semplicemente un atto di razionalità cognitiva, ma, come ben sappiamo, un autentico stress psicofisico che deve essere soddisfatto. Dunque, ecco il secondo aspetto che, immediatamente, si pone: la Condivisione. Se facciamo riferimento ancora al Vangelo troviamo "piangete con chi piange, ridete con chi ride" a cui Brecht aggiunge, con motivazioni politico-sociali ineccepibili, che le cose si possono incrociare; eccoci, pertanto, arrivati alla Soddisfazione. Non più solo un impulso da farfalle sotto l'arco di Tito (non so cosa sia questo assioma, ma mi suona bene e ce lo metto) ma un'azione comune che parte-genera-arriva alla Solidarietà. Ora, visto che si parla di qualchecosa da svilupparsi organicamente, la componente individualistica deve lasciare ampio spazio alla Collettività: è impensabile la pretesa dell'affermazione di un qualsiasi ego, casomai giustificato da intenzioni particolarmente incisive (leggi artistiche ma che deragliano sul divismo o, almeno, il solipsismo inibente), qui la finalità non può altri che essere di coinvolgimento cosciente del "tutti", insomma anime e personalità diverse e altrettanto definite che concorrono - nel vero senso latino del termine di "correre, percorrere una via assieme" - a qualcosa di utile e gratificante. Quindi, si arriva alla Autodisciplina costante e alla Disciplina generale non imposta da un vertice di comando, anche se necessariamente coordinante, ma accettata perché (e qui entriamo nella ultima definizione) l'espressione, l'insieme ed il risultato è Tecnica. Così siamo arrivati al "Coro", espressione prettamente legata al fattore musicale ma, nel sentito antico ed originario, una indicazione specifica che si connota con la danza (Korea) o, comunque, Movimento. E qui scatta subito il riconoscimento: anche chi è afflitto da gravi problemi dislalici ha la sua voce, può percepire, assorbire e rielaborare il suono e trasformarlo, fosse solo per un piacere di ritorno. E allora questo mezzo, dalle forme e gli intenti diversissimi, si innesta immediatamente nella sensibilità, e perché no? nella volontà. Essere coro è essere gruppo attivo e, al tempo stesso, essere individualità coscienti del sempre possibile miglioramento, senza preclusioni di quello che viene accademicamente, definito "stile": si può prediligere il popolare, il politico, il sacro, il profano... qualsiasi occasione condivisa che, nei casi più frequenti, si pubblicizza perché il proprio piacere personale, divenuto collettivo e solidale, la tecnica imposta e sperimentata diventano esposizione anche e soprattutto a chi questa azione non la pratica o, almeno, si pone in posizione di ricezione, non passiva, però. Coro, dunque, è appartenenza cosciente e passione, sorretta e legata da una tecnica che deve essere costantemente variata e sperimentale.

Mario Bizzoccoli